Perseveranza

di Saverio D’Eredità

Una dote che sono certo si riconoscano gli alpinisti è la perseveranza. Del resto, quale pratica è più perseverante dell’alpinismo? Dove trovi gente capace di stare ore con il muso schiacciato contro un pendio o una parete e macinare chilometri e dislivelli per una montagna? O dormire 2 ore sotto un telo di plastica e con i sassi sotto la schiena e svegliarsi comunque pronta a camminare tutto il giorno. E’ così emblematica la nostra perseveranza che recentemente, visitando una mostra interattiva sul potenziale umano, ho notato come l’icona rappresentativa di questa dote fosse proprio un omino che pianta la bandiera su una montagna.  Dopo essermi agilmente auto assegnato un alto punteggio sulla perseveranza, ho effettuato il test di verifica. Il risultato è stato un po’deludente. La mia perseveranza è infatti risultata “Media”: nonostante il test mi dicesse “vai alla grande, Saverio! Riprova!” in realtà mi aveva abbattuto. Non sono così perseverante come credevo. Forse non sono manco così alpinista.

Che poi, chissà perché gli alpinisti si conferiscono le migliori qualità possibili. Sono pronto a scommettere che, oltre alla perseveranza, molti di noi diranno che sono amanti della solitudine e del silenzio (salvo poi intrupparsi su una cima peggio che sul Venezia-Trieste delle 18.14), della natura incontaminata (vedi buste della spesa che emergono come relitti dalle morene) e che vogliono stare lontani “dalla frenesia della vita moderna” (ma a questo ci aveva già pensato il Cynar). Tutte cose che ho visto o, meglio, non ho visto salendo sul Gran Paradiso.

La parete Nord Ovest del Gran Paradiso vista dal basso ghiacciaio del Laveciau – foto M.Simeoni

Il Gran Paradiso, per la Nord, era nella mia “wishlist” da tempi del tutto irragionevoli. Tempi in cui le viti da ghiaccio mi sembravano solo dei grandi cavatappi e in cui il meglio della mia attrezzatura era composto dal meglio delle sottomarche in commercio. Tempi in cui quel tipo di salite era per me assolutamente fuori portata e quindi costava poco metterle in lista. Tempi passati soprattutto a sfogliare libri. Ricordo di aver scoperto questa parete dal libro fotografico di Marco Bianchi “Sulle vette delle Alpi”, un elegante formato A5 con scatti panoramici di creste e pareti particolarmente estetiche. La Nord del Gran Paradiso veniva proposta in una tonalità rosa pastello dell’alba, che avvolge l’occhio del lettore tanto da lasciarlo minuti a contemplare quel lenzuolo steso sulla mole del “Gran Pa”, come quelli usati per coprire le opere d’arte. Ma in questo caso era il lenzuolo stesso l’opera d’arte. A suggerire un’idea di bellezza. A proposito, c’è ancora quella bellezza?

Negli anni ho man mano derubricato questa via a favore di altre mete più à la page diciamo, magari trascinato da ingiustificabili entusiasmi e autovalutazioni errate. In attesa di ricevere la nomina al Piolet d’or (stando per lo più a casa), la parete rimaneva lì preda di altre ossessioni e dei cambiamenti climatici. Ero forse diventato più bravo (suggerimento: no) o forse solo più snob (molto probabile)?

Gran Paradiso, parete Nord Ovest – foto M.Simeoni

Talvolta, più che gli anni, le capacità o le occasioni, sono gli eventi a cambiarti le domande. E se non ci fosse rimasto più tanto tempo per questo genere di salite? Se questo alpinismo un po’retrò – quello sì, perseverante, un tempo fatto di gradini nella neve, corda in vita, nessuna vite da ghiaccio ed estati fresche – fosse giunto al termine? Negli anni periodicamente buttavo un occhio alla webcam puntata sulla parete, notando come il lenzuolo si afflosciasse sempre più. Neanche più la luce rosa lo tingeva. Un miscuglio di ghiaccio nero e sassi lo rendeva cupo, vecchio e triste. Cambiavi webcam e te ne dimenticavi. E se non ci fosse più tempo? Se tutto questo, questa bellezza, domani sparisse?

Una primavera inaspettatamente fresca e nevosa mi ha fatto rimettere la pagina della webcam tra i preferiti del browser e riacceso il desiderio di salire quella parete. Perseveranti, abbiamo incastrato minuti, impegni e meteo per cogliere l’ultima finestra possibile prima di ricacciare in basso nella wishlist questa parete e, in un certo senso, rassegnarsi.

Vista della nord ovest del Gran Paradiso dal sentiero che sale al Rifugio Chabod – foto M.Simeoni

Prime luci dell’alba. Mentre risalgo scivolo della Nord, cercando di mantenere la concentrazione sulla sequenza passo, picca, picca, passo mi torna in mente il test della perseveranza. Per farlo devi individuare un tema e pensarci intensamente. Davanti a te c’è un tubo in cui una pallina da baseball si alza quando la tua concentrazione sale e cade quando pensi ad altro. “E’ importante non farsi distrarre per raggiungere il massimo livello” recitano le istruzioni. La mia pallina restava su qualche secondo poi piombava giù. Il grafico della mia perseveranza era piuttosto piatto. Nessun picco di concentrazione elevata, ma nemmeno cedimenti. Un po’come oggi. Non sono certo diventato più bravo, ma non ho mai smesso di pensare con desiderio a questo lenzuolo che si tinge di rosa al mattino. Ad essere parte di quel preciso momento, essere parte della sua bellezza.

Perseverare può pure essere diabolico. Ma talvolta è necessario. Perché funziona come antidoto all’inesorabile macchina del tempo. Vuol dire non cedere alla stanchezza e persino ad un certo conformismo. Vuol dire, in fin dei conti, essere riconoscenti. La perseveranza è una delle tante testimonianze dell’amore.

Gran Paradiso mt. 4061

Parete Nord Ovest

Una classica tra le vie di neve ghiaccio delle Alpi, che un tempo si presentava più ripida ed impegnativa e che oggi, con i cambiamenti climatici, sta mutando la sua fisionomia. Il richiamo estetico di questo scivolo regolare ed elegante è però ancora fortissimo, tanto che la via è sempre molto ripetuta negli ormai brevi periodi di buone condizioni. Per una salita ideale, infatti, sarebbe consigliabile avere nevi trasformate che permettono una progressione veloce ed altrettanto sicura.

La via più seguita è quella tracciata da Bertolone, Cappa e Giorda nel 1958 che affronta la parete al centro su pendenze omogenee tra i 45° e i 55°. La parete era stata tuttavia affrontata originariamente lungo le logiche costole di sinistra (Cretier-Chabod-Bon nel 1930) e destra (Adami-Ceresa, 1935) oggi generalmente disertate. La via viene anche scesa sporadicamente con gli sci (i primi furono Heini Holzer con Sigi Wald e Helmut Vitroler nel 1975).

Difficoltà: D, 45°-55° (qualche tratto può raggiungere i 60° a seconda delle condizioni e della traiettoria scelta), dislivello dalla base alla vetta 600 mt, di cui 400 lungo lo scivolo vero e proprio e 100 lungo l’estetica cresta sommitale che conduce su una cima probabilmente di poco più alta della più famosa “Madonnina” ,dove si concentra la stragrande maggioranza degli alpinisti. Discesa semplice lungo la normale.

Cresta sommitale del Gran Paradiso – foto M.Simeoni

La bellezza è un frutto da cercare con pazienza

di Saverio D’Eredità

Se vi dovesse venire la bizzarra idea di fare una via sul Planja, in Slovenia, nascosta dentro il vallone della Mlinarica (per tutto il resto cercate su Google, Wikipedia, Summit Post o – come si faceva una volta – aprite una cartina), dovrete parcheggiare al 38° tornante della strada di Passo Vrsic. Se ci farete caso, sul muro del rudere che sta proprio sul tornante, noterete una scritta in inglese che dice più o meno così: “Caro straniero, vai ora a scoprire il più grande tesoro sloveno. Dimentica tempo+doveri. Segui la strada proibita nella foresta, vai e prendi la strada verso l’alto.Credi in te stesso e infrangi i tuoi limiti. É magico. Prendi il mio amore e combatti i confini” Continua a leggere

Cogliere l’attimo – Fugaci apparizioni invernali sulle pareti del Canin

di Saverio D’Eredità

Brutte, sporche e cattive. Così potremmo definire le tozze e sgraziate pareti del Canin. Questa montagna che domina la scena dell’orizzonte friulano è veramente un massiccio dalle molte forme e dalle molte facce, che sfugge ad ogni catalogazione. Una montagna “trasformista”, che riesce ad emanare sempre un certo fascino, un’attrazione inspiegabile e – confessiamolo – un po’torbida. Perché tutto si può dire tranne che queste pareti che orlano i desolati quanto misteriosi altipiani carsici, siano propriamente “belle”. Dalla loro non hanno praticamente niente. Né l’estetica, essendo più simili a dei muretti a secco, per giunta bassi, né la qualità della roccia che dire scadente è praticamente farle un complimento, né in realtà la storia. Qui l’alpinismo è passato un momento ed è andato via presto. Poche tracce, preistoriche ormai, su qualche colatoio appena accennato o spigoli che meglio perderli che trovarli. Continua a leggere

La biblioteca di Alessandria

“Secondo me ci siamo troppo imborghesiti
Abbiamo perso il desiderio
Di sporcarci un po’ i vestiti”

Brunori Sas – “Secondo me”

di Saverio D’Eredità

Se provate a cercare “Comici Vano Nero” su Google vi viene fuori poco o niente.
Per affinare la ricerca potete provare varie opzioni, ad esempio scambiando l’ordine delle parole o aggiungendo a seconda Vano+Riofreddo e togliendo Comici (visto che di vie Comici su quella montagna ce ne sono due). Tutto quello che troverete è la scansione di “Google Books” della Buscaini, note biografiche su Comici stesso e una discussione su un noto Forum che è molto rappresentativa dei nostri tempi: si discute tanto ma sul niente, ovvero senza sapere esattamente di cosa si stia parlando.

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Il diedro fossile e un dizionario di geologia

di Saverio D’Eredità

Arrampichiamo nel solco di un diedro fossile, le cui pareti sono plasmate da milioni di esseri viventi che popolarono il mare del Devonico.
Arrampichiamo il tempo profondo, dal passato remoto ad un presente intangibile. Ascoltiamo con le mani questa lingua antica, fatta di miriadi di gusci, conchiglie, alghe calcificate.
Mi pare di vederli lavorare, pazientemente e per migliaia, milioni di anni, scalpellare questa gigantesca scogliera come scultori certosini in quei mari caldi.
Arrampichiamo il diedro fossile e il suo tempo materializzato. Continua a leggere

In contemplazione del Mistero

di Nicola Narduzzi

“Sono parte di tutto ciò che ho incontrato;
eppure ancora tutta l’esperienza è un arco attraverso cui
brilla quel mondo inesplorato i cui confini sbiadiscono
per sempre e per sempre quando mi muovo.”
(A. Tennyson, Ulysses)

Chiudo gli occhi. Penso a una parete, penso a quella parete: il mio frutto proibito. La sogno, come si sogna il sole nell’ora buia che precede l’alba. La desidero, sapendo che il desiderio non verrà appagato. L’ho anche sfiorata, conservando però sempre la consapevolezza che non sarei mai arrivato al suo cuore. Continua a leggere

“Amici per sempre” – nuova via sulla Nord della Cima Verde

di Saverio D’Eredità

Prendi l’auto e vai in una valle, una valle che conosci da sempre e di cui credi di sapere già tutto. Guarda in alto le pareti. Cosa ti viene in mente? Non pensarci, non serve. Lascia che te lo dicano loro. Soltanto guardale con occhi nuovi. Non cercare niente. Dimentica tutto, butta all’aria, libri, tracciati, riviste e consigli. Trova e basta. Il segreto è tutto lì. Lasciati stupire.

La Nord del Montasio sovrasta la Saisera con la sua architettura squadrata e severa. È forse la più cupa e incazzata nord di tutte le Giulie. Non c’è un solo metro di parete che conceda qualcosa all’occhio dei cacciatori di linee. Continua a leggere