“Un puro gesto d’ambizione!”

di Saverio D’Eredità

Traverso tenendomi saldamente alla fessura orizzontale per le mani e scorrendo cautamente con i piedi sulla cornice in basso. C’è abbastanza aria sotto il culo da farci sentire per metà grandi alpinisti e per metà dei gran coglioni. Forse ne ho abbastanza e stavolta davvero dovrei ascoltare la vocina interiore. Ripeto le annose trafile da traverso che negli anni ho affinato per evitare di farmi sorprendere sul più bello in questo genere di salite. È uno dei pochi passaggi in cui non c’è allenamento che tenga. Solo un po’di sapienza e tanta fiducia nel compagno.

Devo dire che mi sembra duretto questo “quinto”: rispetto al gettonatissimo traverso della Cassin alla Piccolissima, visitato appena pochi giorni fa, questo mi pare davvero un altro pianeta tanto che in confronto quello sembrava un tranquillo vialetto di parco cittadino. Ma il buon Mauro Corona, si sa, quando c’era da usare le braccia non temeva confronti!

Doppio lo spigolo in apnea, salgo qualche metro, ancora uno spostamento a sinistra e uno strapiombetto e di colpo mi trovo in faccia i piedi di Nicola, acquattato nella nicchietta su questo fragile bordo di spigolo. Totalmente a piombo sulla parete e tanto sottile da farti temere per la sua stabilità.

“Te l’avevo detto che era scomoda” mi dice accogliendomi.

“Questo è il meno! Se non avessi fatto sosta qui probabilmente non sarei mai saltato fuori dal traverso!” dico cercando una posizione che si possa definire rilassante.

“E comunque vorrei sapere quando è che siamo passati dalle classiche di V in Dolomiti ai VI gradi di ricerca in Oltre Piave: perché potevate avvisarmi!”

Quando questa mattina ci siamo incamminati diligentemente lungo l’estenuante pietraia della val Montanaia nessuno dei due, credo, poteva dirsi abbastanza convinto di quel che si andava a fare. I due ragazzi con i quali abbiamo condiviso parte del sentiero erano quasi ed involontariamente riusciti a dissuaderci dal nostro intento. L’ammaliante tentazione di rilassarsi sulla sempre interessante “normale” del Campanile è stata forte. Ed ancora di più quando, svoltato l’angolo solare che da a meridione, ci siamo addentrati nella fitta ombra occidentale. Il bel praticello, che lambiva le pareti come un mare calmo, contrastava fortemente con l’aria minacciosa del Campanile, che da questo lato ci sovrastava mostrando un petto in fuori di strapiombi giallastri.

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Ovest del Campanile di Val Montanaia

“Tanto in caso con due doppie siamo giù”. È il mantra rituale che precede queste salite a metà tra esplorazione e compiaciuto autolesionismo. Tanto sappiamo come va a finire. Che si fanno due tiri, poi tre “per vedere come prosegue” e infine si arriva in quel famoso punto, di solito sintetizzato in un traverso, dal quale come si suole dire “non si torna indietro”. Ed in quel punto, in cui è segnato il confine tra gli universi della certezze e dell’ignoto, che d’improvviso prende forma e si materializza questo strano gioco dell’alpinismo.

In un memorabile articolo apparso su Alp nel 1995, con abile escamotage letterario Mauro Corona firmò una singolare “intervista al Campanile” in cui era la guglia stessa era a parlare, svelando i segreti della sua storia,  dai dettagli ignoti della prima salita al sibillino “dubbio” sul passaggio di Casara nel cuore degli strapiombi nord. Un pezzo scritto con l’abilità del “cantastorie” in cui la via dello stesso Corona veniva descritta – da un piccato Campanile in persona! – “un puro gesto d’ambizione”. Sorridemmo con Nicola ricordando quell’articolo. Ma avremmo capito solo molti tiri dopo il perché.

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Terzo tiro: V

Superato brutalmente il tetto iniziale la salita era proseguita nel segno dell’“ancora un tiro e vediamo”. Al terzo tiro ero andato avanti guardingo, sapendo come spesso queste montagne facciano il muso e poi in realtà si lascino accarezzare. La fessura giallastra dall’aspetto poco invitante andava, in realtà, presa per il verso giusto. Saggiando sapientemente le lame rocciose ne uscì poi un tiro quasi simpatico che ci ridiede fiducia nel resto della via. Nicola sparì quindi dietro uno spigolo e potevo seguirlo solo nello scorrimento lento delle corde e del respiro. Respiri sempre più profondi movimenti sempre più lenti. E sassi. Prima piccoli, poi grandi, infine granate che sibilavano sopra la mia testa, fortunatamente protetta dalla nicchia di sosta.

Attesi qualche minuto prima del “come va” d’ordinanza. Il secco “MALE” con cui invisibile mi rispose fu talmente netto dal lasciarmi supporre che – stavolta – le cose si erano messe male sul serio.

È del resto parte del gioco. Se quel margine labile non fosse così facilmente valicabile forse non ci interesserebbe. Nicola, finito per sbaglio nel peggiore posto immaginabile in tutto il Campanile, riuscì a piantare un chiodo dal suono confortante e calarsi cautamente tornando in via. Con grande autocontrollo sarebbe poi riuscito a riprendere le redini della salita e continuare fino alla sosta giusta.

Strana via, questa piccola, ma intensa linea di un trio d’eccezione dell’Oltre Piave. Nell’agosto del 1990 Corona Carratù e Giordani seguirono con intelligenza un sistema di diedri e fessure sul bordo pericolante della ovest Campanile, in costante esposizione ma sempre con grande logica. Ne risultò una delle più belle ed impegnative vie del Campanile, il “pezzo” che mancava alla collezione di Corona. Forse pur non risolvendo nessun particolare problema (la Ovest aveva già visto la cordata Ulian e Scaramuzza addentrarsi nella tenebrosa spaccatura al centro, nel 1969) il sapore rimane del tutto classico. Del resto, sul “monte illogico” non si può pretendere che ciò che vi accade non lo sia altrettanto!

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Ultimo tiro prima del ballatoio: VI-

Rimonto un diedro da manuale uscendo finalmente dalla zona di vuoto. Improvvisamente mi sembra d respirare o forse è solo il vento che spira leggero in viso. Rocce più adagiate e solari mi conducono al ballatoio, dove incrocio come fossi in città carovane di scalatori in transito verso la più famosa calata delle Dolomiti. Mi guardano interdetti. Probabilmente devo avere una faccia leggermente allucinata.

Ma si sale anche da questa parte!?” mi apostrofa un pasciuto bolognese.

Sì…volendo…” dico io a dissimulare con un pizzico d’imbarazzo.

Forse meglio non parlarne troppo. Ora capisco perché il buon Campanile ce l’aveva bonariamente con Mauro! Di queste salite meglio non vantarsi troppo.

Proprio come fossero soltanto “un puro gesto d’ambizione”!

RELAZIONE

CAMPANILE DI VAL MONTANAIA mt.2173

Parete Ovest

Via “Corona-Carratù-Giordani”

Difficoltà: V, VI, 1 p.VII/A0

Dislivello: 250 mt

Roccia: discreta, alterna tratti molto buoni ad altri con scaglie non ripulite cui prestare attenzione.

Attrezzatura: NDA

Descrizione

Nell’angolo più nascosto e strapiombante del celeberrimo campanile si nasconde questa impegnativa via aperta nel 1990 da un trio di grandi alpinisti. Seppur breve si tratta di una scalata di un certo impegno, su roccia nel complesso discreta che alterna tratti molto buoni ad altri in cui prestare attenzione (come tipico della zona) e che richiede perciò buone capacità alpinistiche. L’arrampicata, sempre sostenuta ed esposta, affronta la strapiombante parete ovest lungo una logica ed aerea sequenza di fessure e diedri intervallati da brevi traversi. La chiodatura è buona lungo i tiri e alle soste, in ogni caso risulta abbastanza agevole proteggersi con friends e nuts.

Avvicinamento

Dal parcheggio del Rif.Pordenone seguire il sentiero per il Bivacco Perugini. Arrivati alla base del Campanile prendere una traccia a sx che scavalca una spalletta di rocciosa e traversa alla base della parete sud e poi ovest. L’attacco si trova sul margine sx della parete Ovest, circa 15 mt a sx di una grande spaccatura/camino (via Ulian-Scaramuzza) e sulla verticale di un tettino giallo (ore 1.45 dal parcheggio).

Relazione

1) Si rimontano rocce grigie fessurate fin sotto il marcato tetto alla cui basa conviene sostare rinforzando il chiodo presente. 25 mt, IV, IV+, 1 CF.

2) Superare atleticamente il breve tetto fessurato (p. VII o A0, 3 ch.) quindi proseguire per una fessura giallastra prima superficiale poi foggiata a camino (2ch.) uscendo ad un terrazzino a sx. 25 mt, VII/A0 poi V+/VI-, 5 ch, 2 CF.

3) Continuare lungo la soprastante fessura giallastra di roccia apparentemente malsicura; evitare un tratto strapiombante spostandosi a sx su rocce grigie ben appigliate quindi raggiungere una comoda nicchia dove si sosta. 30 mt, V, pp.V+, 4 ch., 2 CF.

4) Traversare 3 mt a dx oltre uno spigolo quindi con innalzamento atletico superare un marcato strapiombo sul bordo dello spigolo (p.VI, 1ch.). Obliquare verso dx (1ch.) e raggiungere una cornice (1ch.) Traversare alcuni mt a dx in direzione di una fessura diedro chiara che si scala (p.VI, 1 ch) fino al suo termine dove si sosta scomodamente. 25 mt, VI, V+, VI, 4 ch. 3 CF.

5) Innalzarsi 3 mt ad 1 ch. dal quale si traversa in orizzontale per 4 mt a sx sfruttando una sottile cornice (VI, 3 ch). Doppiare uno spigolo in massima esposizione, salire 2 mt sotto un piccolo strapiombo che si supera sul bordo sx (VI-, 1ch.). Sostare in una piccola nicchia (conveniente per evitare attriti). 12 mt, VI, 5 ch. 2 CF.

6) Innalzarsi lungo la soprastante fessura diedro (1ch.), superare uno strapiombetto quindi leggermente a dx su rocce più facili ma più rotte si raggiunge una comoda cengia. 20 mt, VI poi V, 2 ch, 1 friend inc., 3 CF.

7) Scalare la soprastante fessura diedro di roccia ottima (p.VI-, 1 ch.) quindi rimontare rocce articolate ad una cengetta sotto strapiombo. Uscire a sx per rocce via via più facili e solide fino al ballatoio. Traversare a dx fino alla sosta della Normale. 35 mt, VI- poi V, IV, 2 ch, 1AF.

8-9) Come per la via normale lungo un largo colatoio di rocce articolate (60 mt, III, pp.IV-, soste cementate).

Nb. La via originale sale in prossimità dello spigolo N/O del Campanile senza via obbligata. 2 tiri, IV+.

Discesa: a doppie lungo la classica via di discesa per gli strapiombi nord.

1CD) 60 mt dalla vetta al ballatoio (o con due CD da 30 mt).

Lungo il ballatoio in direzione nord affacciandosi sullo strapiombo (sosta su AF).

2CD) 37 mt (in parte nel vuoto) al terrazzo sotto la parete nord.

Per roccette sul filo dello sperone fino al suo bordo sopra una spaccatura (sosta su AF).

3CD) 20 mt (in parte nel vuoto) ad una stretta forcella.

Da questa si ritorna all’attacco scendendo per una traccia verso Ovest.

Tracciato Corona

 

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