Sciogliere i nodi

di Saverio D’Eredità

Non ho mai fatto un errore del genere. Nemmeno i primi tempi. Nemmeno per sbaglio. Nemmeno quando ero stanco. Ritiro la corda ad ampie bracciate, mentre dall’alto inizia a correre acqua giù dalla parete infilandosi nelle maniche, scorrendo tra i pantaloni e l’imbrago fin dentro le mutande. Ritiro ancora più veloce, nel frastuono di tuoni che rimbalzano tra i versanti. Ad ogni occhiata in su vedo lampi attraversare il cielo e mille pensieri che si riversano in testa. Che non si sta fuori durante i temporali. Che sei vicino ad un albero – ma vabbè dai, non è proprio un albero-albero, è un alberello – che sei pieno di robe metalliche e chi la racconta poi sta storia e con che faccia “imbecille rimane ustionato durante temporale” – no no no per carità  – che vai a spiegarlo, poi, che eri soltanto in falesia. Che ti ricordi, poi, come è finita a Lomasti?

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Estate su una spiaggia solitaria

di Saverio D’Eredità

Quando è, come è che succede, che gli esseri umani perdono l’amore? Dove sta l’innesco del distacco, il fattore scatenante, dove nel corso del tempo, si perde la cura, l’affetto, l’attenzione per le cose, per i luoghi?

Ho sempre avuto una predilezione per i luoghi – per così dire – perduti. Non brutti, e nemmeno sfigati. Diciamo quei posti che una bellezza pure ce l’avevano – una loro bellezza – che è sfiorita o è solo passata di moda o magari chissà, nessuno capisce più come certe lingue antiche. I luoghi perduti – ci metterei dentro anche certe vallate un po’ “degagè”, case abbandonate, aree industriali dismesse – sono lì che ti guardano con occhi da cane di strada, pronte ad accoglierti con quel poco che hanno.

Ho conosciuto Premariacco uno di quei pomeriggi di gennaio dalla luce corta e l’umidità feroce. Con Loris accendemmo un fuoco con i rami trovati sul greto del torrente, annidati nei buchi da dove usciva l’odore pesante di piante marcite e ci sedemmo sulla spiaggetta a raccogliere quel po’di calore e quel tanto di fumo che il nostro fuoco emanava. Mi mostrò la sequenza dei traversi e mi disse che questo era un buon allenamento se rimanevo da solo. Senza saperlo, stavo apprendendo un’altra delle diverse declinazioni dell’arrampicare, quel “boulder” che poi sarebbe diventato una disciplina a sé stante, che una volta era solo un gioco e che anni io anni prima, istintivamente, praticavo sui muretti del parco. Senza saperlo, forse nemmeno volerlo, Loris mi stava predicendo un futuro inevitabile.

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Il fuoco dell’anima – Andrea Di Bari con Luisa Mandrino

di Saverio D’Eredità

“L’incontro con la Montagna ha cambiato la mia vita”, “Il mio sogno era arrampicare” “L’arrampicata ha dato un senso alla mia esistenza”. Quante volte avremo letto nelle innumerevoli, ridondanti biografie di alpinisti e climber queste frasi? Quante di queste storie, in fin dei conti, si assomigliano, senza che possano trasmettere il vero pathos che è poi l’essenza del narrare?

Bene, se siete anche voi annoiati da una letteratura di montagna conformista e appiattita, dove personaggi che – specie nel mondo attuale – hanno ben poco di interessante a parte talento e – evidentemente – una grande disponibilità di risorse (economiche e non), leggetelo, il libro di Andrea Di Bari scritto a quattro mani con Luisa Mandrino (ed. Il Corbaccio, 2018). Perchè nella storia di uno dei più importanti ed influenti scalatori italiani, venuto su nella piccola borghesia di una borgata romana, si trova forse un significato più sincero di ciò che l’arrampicata può rappresentare nella vita di un ragazzo. Continua a leggere

SS 125 Orientale Sarda/1

di Saverio D’Eredità

Normalmente in questo periodo il team Rampegoni è solito entusiasmarvi con sfavillanti reportage dall’Università dell’Alpinismo, sede di Chamonix, dove regolarmente portiamo avanti una sistematica esplorazione del massiccio del Bianco (la proiezione attuale è di terminare la campagna nel 2150, ovvero quando il Pilone sarà raggiungibile per comodo sentiero visto l’attuale sfacelo dei ghiacciai). Immaginiamo vi stiate quindi domandando inquieti il perché di tale silenzio. O forse no. In ogni caso, che vi importi o meno, desideriamo tenervi al corrente delle nostre intense attività ferragostane. No, tranquilli, nessun aggiornamento da qualcosa tipo lo Scudo di Divine Providence (sì, magari…) o da qualche urfida guglia chamoniarda. E nemmeno dai paretoni dolomitici.

Ispirati dalle gesta di Gogna e c. narrate nell’imprescindibile “Mezzogiorno di Pietra” (o almeno, così sarebbe nelle nostri menti deviate) il Rampegoni Team ed affiliati ha deciso di puntare il timone (letteralmente) verso le coste orientali della Sardegna. Le ragioni – che vi spiegheremo con calma, forse – andrebbero rintracciate nel doppio malto di una birra in una piazzetta di Chamonix al ritorno da una fulminea salita sul bel protogino della Midi. O forse meglio alla fine di una pantagruelica cena a base di raclette a Vallorcine: saturi di grassi e derivati da latticini abbiamo pensato bene di cambiare menù e per l’appunto dirigere le truppe verso le fertili terre dell’Ogliastra, dove ritrovare l’armonia con la Natura, la bellezza del gesto dell’arrampicata, gli aromi del mediterraneo (ecc. ecc). In realtà, narrazioni poetiche a parte, vi è il tentativo di mantenere (ancora per un po’ e in cambio di sanguinosissimi “bonus”) la pax familiare ancora per gli anni di forma decente che crediamo di avere. Insomma, un’estate diversa, per dimenticare le paranoie di funivie e “conditions”, e una volta tanto (una eh!) godersi delle normali vacanze.

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Ma come dimenticare che siamo pur sempre praticanti di attività catalogate come “estreme”. E cosa di più estremo che cercare di arrampicare in Sardegna ad AGOSTO e rendendo ancor più complessa la logistica includendo due minori di anni 10 e due minori di anni 1, materassini a forma di anguria, piscinette da spiaggia gonfiabili, tendaggi, occhialini, pinne, secchielli etc, e il tutto ovviamente contenuto nelle due settimane canoniche di ferie agostane?

E poi diciamocelo: siamo anche un po’snob. Non ci interessa intrupparci nei greggi di climber che regolarmente brucano nelle WCD (*)  nei mesi canonici ovvero aprile o ottobre. Contestatori indomiti del mainstream o più onestamente tenuti in scacco dalle ferie aziendali, abbiamo dunque deciso di ingaggiare una lotta senza paura con la calura mediterranea. Del resto, son buoni tutti a stampare 7a a vista con i 18 gradi, ventilato, umidità al 55% e piuminetto leggero per far sicura! Provateci con lo scirocco, il caldo afoso e alle 8 di sera, mentre qualcuno ti fa giustamente notare che tra mezz’ora chiude il minimarket e tu sei senza cena!

Questo il quadro generale. In sintesi quello che la prima settimana della spedizioni ha messo a segno.

  • Il Biaso (chi se no) sbarcato in avanscoperta con un paio di giorni di anticipo per prendere contatto con i locali ha da subito stretto importanti relazioni diplomatiche con i pastori del Golgo, il macellaio di Lotzorai e prossimamente un buon carrozziere vista la guida disinvolta nei tratturi nascosti dai ginepri…
  • Sempre il Biaso (e chi se no) si aggiudica la probabile “prima di Ferragosto” che da ste parti è tipo una prima invernale, alla prestigiosa “Mediterraneo” sull’estetica punta Giradili. Corrotti dei pastori locali per farsi indicare la strada giusta e giocato d’anticipo grazie alle soffiate di un segretissimo informatore meteo che neanche la NASA ha imbroccato la giornata giusta per portare fuori la via prima di finire carbonizzato. Paragonabile come impegno ad una discesa delle Droites con gli sci in agosto o una salita in Mangart durante un temporale. Grande Biaso
  • Abbiamo scoperto, quindi, che le “conditions” sono determinanti anche qua. Solo che non c’è l’OHM a darci aggiornamenti. Torna la paranoia, la schiavitù di 3b meteo e aumenta il consumo di tabacchi del Biaso.
  • Nel frattempo il Brix è giunto sull’isola con la calma dei forti e sta passeggiando sui 7a come sul lungomare (anzi, meglio). Con lo stile e l’understatement che lo contraddistingue evita di sgradare anche per un fatto di ospitalità, e solo perché è in vacanza.
  • Il sottoscritto ha avuto modo di mettere piede in una WCD con un certo imbarazzo. Trovatosi nell’ineluttabile condizione di dover scalare per davvero invece che limitarsi a dei comodi azzeri, si è impegnato a fondo pur non avendo né l’aplomb, né l’attitude, né tantomeno il dress code del climber WCD. A partire dall’ignoranza del gergo tipico (yeah boss grande vez tira una randa) all’assenza di un adesivo f*ck work go climbing sull’auto, il sottoscritto ha cercato di rimediare individuando dei tiri molto cinghiali nel canyon di Ulassai. Quanto di più simile ad una fessura alpina, insomma. Si narra abbia chiuso un 6b a vista e senza martello appeso all’imbrago, ma è in corso un’indagine per tentativo di corruzione ai danni dell’assicuratore.
  • Attualmente il Biaso (e chi se no) risulta disperso nella valle dell’Oddeone alla ricerca della “Mia Africa”. Confidiamo nella sua abilità linguistica ed interculturale che lo contraddistingue da Argentiere a Baunei.

Ultima cosa: i paesaggi dell’Ogliastra interna paiono quelli del Colorado. Mancano solo i coyote e i rangers. O forse ci sono. Sarà torrido, questo Mediterraneo e saremo pure fuori stagione. Ma luoghi del genere hanno pochi eguali. Ci siamo già innamorati.

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(*) World Climbing Destination: termine, vagamente spregiativo e snob utilizzato per contraddistinguere quelle mete ormai imprescindibili nel cahier di ogni climber mainstream che si rispetti. Alla voce WCD: Sardegna, Kalymnos, Siurana, Mallos, Ceuse etc etc. 

(1/Continua)

Una specie di ritorno a casa

di Saverio D’Eredità

Non so dove ho letto una volta (credo fosse uno dei consigli di Jolly Power), che per migliorare la prima cosa da fare è frequentare le falesie giuste. Muri verticali e strapiombanti, movimenti obbligati, spittaggi seri dove volare lungo e volare bene, e non certi “scogli caiani”.
Niente da dire, Jolly la tocca sempre pianissimo, ma c’ha ragione da vendere. Nessuno è mai migliorato grufolando sugli scogli caiani, quelle falesie che appunto affiorano dai boschi di pedemontana come montagne in miniatura, o peggio ancora ricavate ai bordi di vecchie strade.
Falesie inconfondibili, poco depilate e ben ornate di rovi e cespugli, con bei terrazzoni e persino camini (camini! In falesia!) magari cosparse di soste di varie epoche, in cui spuntano qua e là il chiodone storico sul quale si ricamano le più disparate leggende (una volta noi mettevamo quel chiodo e basta fino su! E mai cadere ti dirà il vecio di turno), la sosta nuova di pacca, lo pneumatico per le prove di caduta e la corda fissa. Continua a leggere

Guida alle falesie della Valle del Piave

La zona geografica alpina che si affaccia sul corso del fiume Piave, nel tratto che va da Pieve di Cadore a Feltre, è costellata da un microcosmo di falesie, prevalentemente note agli arrampicatori locali, con alcune eccezioni come la “internazionale” Erto. In questo lavoro che muove dal sito abcDOLOMITI.com, Luca Bridda ci fa scoprire falesia per falesia con la competenza di chi i tiri li conosce come la strada di casa.

di Luca Bridda

Da qualche giorno è disponibile la nuovissima edizione della “GUIDA ALLE FALESIE di Belluno, Alpago, Val Cellina, Feltrino, Valle del Piave” di Luca Bridda, interamente rivista, corretta e assai ampliata rispetto all’edizione 1.0 che era stata pubblicata in piccola tiratura e non pubblicizzata, se non su due forum di montagna e sul sito dell’autore abcDOLOMITI.com
La guida è ora un volume di oltre 160 pagine che descrive 35 falesie e 4 aree boulder. Vi si possono trovare più info, più schizzi, più foto, piantine d’accesso, gradi rivisti su tantissimi monotiri (in un confronto più serrato con i climber di livello 8a-8b-8c), elenchi di vie aggiornati e 4 nuove falesie.
Questa guida è stata creata senza cercare il supporto di una casa editrice, cercando di fare qualcosa di utile, grazie al contributo di tutti gli amici che mi hanno dato informazioni e suggerimenti.
La guida è indirizzata a chi voglia tenere in mano un’opera unitaria e quanto più possibile aggiornata sulle falesie della zona tra Belluno, Feltre, Alpago, Longarone, Val Cellina e Valle del Piave. Alcune falesie sono assai famose e chiodate in maniera moderna, altre sono note quasi solo ai local, un po’ fuori mano, alle volte con attrezzatura da valutare in loco, sicuramente da riscoprire e magari da riattrezzare.
Contenuti: Parete dei Falchi, zona boulder di Soverzene, Passerella, Socchèr, Val Gallina, Mas-le Masiere, zona boulder del Mas, Le Rosse, Rif. Settimo Alpini, Malcom, Palazzetto di Longarone, Terrazza sul Lago, Cornolade, Quantìn classica e nuova, Ronce, Polpèt alta e bassa, Cajàda, Carota, Val d’Oten, Erto Big e No-big, Casso, Compol, Cellino, Parete dei Sediei, Stretto delle Gote, Rif. Pordenone, Podenzoi, Igne, Fonzaso, area boulder della Val Scura, Tarzan Wall, Ceresera, San Mamante, Val Bruna, area boulder di Claut, le Perine (Feltre), Fadalto Basso, Monte Teverone, Torrente Maè.
La guida sarà disponibile su Amazon nella prima metà di aprile.

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GUIDA ALLE FALESIE di Belluno, Alpago, Val Cellina, Feltrino, Valle del Piave
di Luca Bridda (seconda edizione riveduta, corretta e ampliata)
164 pagine, anno 2017, b/n
Euro 17,5
In vendita su www.amazon.it