di Saverio D’Eredità
Sette anni fa, il Laila Peak è entrato nelle nostre vite prendendo il posto della nostra innocenza. Non tanto perché fossimo più giovani e nemmeno perché fossimo così ingenui da pensare di essere immortali. Ma, questo è certo, qualcosa in noi è cambiato. Il giorno in cui il Laila è entrato, trasformandosi dal sogno della cima più bella alla cruda realtà di una notizia secca ed inappellabile, si è portato con sé anche una certa consapevolezza. Il giorno in cui abbiamo capito che Leo, il più bambino il più entusiasta di tutti, non sarebbe tornato ecco, forse quel giorno tutti siamo diventati un po’più grandi. Ma non meno innamorati.
Poteva finire tutto, e invece non è stato. Potevamo rimanere lì, attoniti come quando ricevetti il messaggio, sentire quella brezza leggera che sembrava soffiare sulle cose di colpo finire lasciando un vuoto, un silenzio, un non sapere cosa dire. Un mese dopo o poco più, ricordo bene, eravamo al Gilberti, sempre lì dove c’eravamo lasciati, pronti a riprendere il filo delle cose. Non come se nulla fosse stato, ma proprio perché qualcosa c’era stato. E toccava a noi alzarsi da quella pietra e andare avanti.
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