Atlantide (o degli alpinisti estinti)

di Saverio D’Eredità

Cima Verde mt.2661

Per il versante Est – via della Spragna

“G.Kugy con A. e J. Komac, 13 nov.1892. In seguito ripetuta dallo stesso Kugy con A.Komac il 9 luglio 1893 e in seguito numerose altre volte fino all’inizio del secolo. Poi cadde nell’oblio. (…) Durante le prime salite sul passaggio più difficile dei massi incastrati “Venne usata una pertica a forcone con la quale si issava il capocordata per quasi 3 metri.” In seguito, venne messo un chiodo. Difficoltà presumibili: III e IV.” (Alpi Giulie, G.Buscaini, 1974)

Poche righe in corsivo sono abbastanza per creare un segreto e altrettanto per darti un indizio. Che spesso il mistero non sta tanto in ciò che ignoriamo, ma in ciò che crediamo di conoscere. Da tempo mi arrovellavo su quelle poche righe – erano un invito o una minaccia? – sulla scena della pertica e in generale sul senso dell’oblio.

Da tempo la osservavo quella cresta, così evidente, così lineare, eppure così invisibile. Come da tempo non mi capitava di alzarmi una mattina, incontrare i compagni e tagliare fuori dal sentiero senza che nessuno sapesse esattamente cosa ci aspettasse. (Il motivo, di questo tempo atteso, di questa indecisione, ce lo saremmo ricordati più tardi, col sole ormai alto, le decisioni prese, irreversibili).

Che questo genere di cose, questo alpinismo senza molto futuro e tutto sommato senza nemmeno troppo passato, vanno prese a piccole dosi, del resto. I suoi effetti sono a rilascio lento nel tempo dei giorni, dei mesi, vorrei dire persino degli anni. Perché senza dubbio viene da lì, dagli anni passati, da una memoria del corpo e degli occhi l’adattarsi a questi prati imperdonabili senza perdere l’equilibrio, passare attraverso certe creste sbertucciate eppure non muovere un sasso quasi fossimo gli abitanti del posto – che poi sono solo i camosci che vorrei dire di aver trovato persino stupiti della nostra presenza. Viene certamente dagli anni passati, da esperienza sepolte, tanto il sapere intuire il passaggio giusto quanto finire nel posto sbagliato. Ricordarsi che un canale, in Giulie, è spesso una buona opzione ma non sempre è una buona opzione.

Qual era dunque il segreto della Spragna? Perché era caduta nell’oblio dopo “le numerose salite” di cento e più anni fa? Kugy era certamente un fine osservatore di montagne con una lieve ossessione per il Montasio. E le sue guide gente con sufficiente pelo e una buona dose creativa. Sul passaggio della pertica per anni ho fatto mille congetture, che era una balla raccontata ai creduloni e magari la facevano drammatica per farsi pagare di più. Oggi, in realtà, penso soprattutto che quegli uomini barbuti, con giacche di feltro e baffoni, erano decisamente più “freak” di noialtri ben vestiti e ben informati che, al contrario, ci stiamo appiattendo sulle stesse cose. Questi ti andavano su per quei posti dissennati prendendo – magari al mattino, uscendo di casa, dalla stalla – una pertica a forcone e improvvisando questo numero da circo. Per poi accorgersi che la via era certamente grandiosa, sì, ma per andare in cima alla Nord si poteva far di meglio. L’attenzione di Kugy si spostò quindi in mezzo alla parete e la via della Spragna rimase in disparte, sprofondando in quell’oblio. Perché nessuno ha più seguito i suoi passi?

Questa forma di alpinismo è un bagno di realtà. Ti riporta all’essenziale. Alla terra che si infila sotto le unghie, a poche parole scambiate e solo per necessità, che ogni passo è una scelta, ogni direzione presa un’assunzione di responsabilità. Forse è per questo che ci spaventa. Non la fatica, ma il sapere che da qualche parte sbaglierai per forza, che il dubbio ti assalirà ancora. Ti spinge a rinunciare ad ogni certezza e – in fin dei conti – improvvisare. Essere consapevoli delle nostre scelte.

E dietro l’angolo, oltre la cengia che – come una porta segreta – ci ha condotto a scoprire la linea di fragilità della parete, abbiamo trovato la solitudine. Ma una solitudine così profonda, così totale, da fare quasi paura. Nessuno a quel punto ha detto più una parola. Bastava guardare quel vecchio piolo piegato e affidarsi ancora una volta, dopo 100 anni al cavo di guerra per capire l’oblio.

Alti sulla cresta, osservavo inabissarsi la nostra piccola Atlantide, portandosi dietro quell’oblio. E rimaneva solo il cavetto, il piolo, l’unico chiodo trovato e che aspetterà chissà quanti anni ancora, altri lettori di poche righe in corsivo di un alpinismo estinto.

Note

La “via della Spragna” è probabilmente una delle vie più dimenticate delle Giulie. Nonostante la sua linea sia molto evidente e logica (è il crestone che si diparte dalla Cima Verde e chiude ad oriente la grande muraglia settentrionale del Montasio, noto anche come “Cresta Berdo”) di fatto da 100 anni riceve rarissime visite, nonostante le difficoltà non siano elevate. Originariamente aperta da Kugy con le guide A e J Komac con lo scopo di salire direttamente dalla Saisera al Montasio e successivamente utilizzata a scopo bellico (sono ancora presenti alcune attrezzature), la via è stata abbandonata in favore della più nota “Diretta” – oggi attrezzata. Certamente una salita di questo tipo richiede una ottima esperienza nel muoversi su terreni di fatto tornati vergini, spesso esposti e su roccia non sempre affidabile (ma buona sulle difficoltà). L’orientamento non è molto complesso: noi abbiamo optato per l’attacco dal canalone della Torre Genziana invece del giro originale per la Cianrza. Oltre che più diretto è anche più divertente (passi di II su roccia ottima) e in ambiente grandioso. La salita sui ripidi prati della Cresta Verde è semplice, mentre più attenzione va posta nel tratto che porta sulla cresta rocciosa sommitale. Difficoltà di III con brevi passi di IV e uno più difficile ma agevolato da vecchio cavo di guerra. Discesa facile per la normale che si congiunge a quella del Montasio. Necessaria corda e attrezzatura alpinistica (qualche friend e chiodi).

Non così lontano

“Humboldt ci pensò su. No, disse poi, me ne rammarico.
Una collina di cui non si conosce l’altitudine è un’offesa per la ragione che mi inquieta. Senza esaminare costantemente la propria posizione, nessun uomo può progredire. Non si lascia ai propri margini un mistero, per quanto insignificante.”

Daniel Kehlmann “La misura del mondo”

di Saverio D’Eredità

Oltre il tozzo pilastro del Robon, gli altipiani del Canin digradano di colpo verso le cime cupe della Val Rio del Lago. Questo contrafforte minore, finemente cesellato di rigole e goccette, è praticamente l’ultima parete delle Giulie procedendo verso sud. Al di là della Cima Confine, già brilla di luce la valle dell’Isonzo e il mare. Da qui in poi lentamente sfumano le Alpi, fondendosi nella placca balcanica ad altre montagne dal sapore d’oriente. Qui ci fermiamo anche noi, che nel frattempo siamo arrivati a trecentrotrentasette. Questo è il numero progressivo dell’ultima tra le vie inserite nella guida: “Rigoletto”, aperta da Marco Sterni e Massimo Sacchi nel 1998. Curiosamente questa parete non è solo l’ultima in senso geografico, ma anche cronologico dato che è diventata oggetto dell’esplorazione alpinistica solo a partire dagli anni ’80.
Si dice che Piussi e Cassin, osservando queste pareti durante una delle battute di caccia che erano soliti compiere da queste parti in autunno, fossero stati tentati, per un attimo, di rivestire i panni degli alpinisti che furono per lasciarvi un segno. Immagino la loro tentazione di riprendere chiodi e martelli e lanciarsi in una nuova avventura. Pare però che proprio Piussi smorzò l’entusiasmo dell’amico dicendo “Noi abbiamo fatto il nostro tempo, Riccardo. Lasciamo qualcosa agli alpinisti del futuro. Continua a leggere

Alpi Giulie e Carniche Orientali

di Saverio D’Eredità ed Emiliano Zorzi

(dall’introduzione alla guida “Alpi Giulie e Carniche Orientali – Alpine Studio, 2019)

Quando abbiamo dato alle stampe, appena tre anni fa, la guida “Alpi Carniche e Giulie” pensavamo di aver fatto del nostro meglio per rendere omaggio a queste montagne e invitare ad una loro scoperta. Non sospettavamo, però, che ci sarebbe stata data una nuova possibilità di perfezionare e ripensare quel lavoro dopo così poco tempo. Se la prima esigenza era quella di ristampare la guida, andata esaurita già nel primo anno, man mano abbiamo tuttavia maturato la convinzione di poter reimpostare completamente questo lavoro e cogliere l’occasione per offrire ai lettori non tanto una ristampa, quanto una nuova edizione. Come già preannunciato nel 2017 con la parte dedicata alle Carniche Occidentali, si è deciso di riequilibrare la partizione dell’arco alpino friulano (escluse le Prealpi) dividendo la parte di Carnia occidentale (dalla valle del But a Ovest) da quella orientale che confluisce, in questa trattazione, con la parte italiana delle Alpi Giulie. Seppur non rigorosa dal punto di vista geografico tale suddivisione consente un miglior bilanciamento complessivo. Da considerare inoltre che, sebbene Aip-Cavallo appartengano morfologicamente e geograficamente alle Carniche, il gruppo Sernio-Grauziaria può già considerarsi una piccola eccezione, dove ritrovare caratteristiche tipiche delle Giulie.
In questa nuova edizione abbiamo portato avanti l’idea di una guida che si avvicinasse quanto più possibile alla monografia, in qualche modo sulla scia della collana Monti d’Italia. Se quel livello di completezza è oggi pressoché irraggiungibile dato il numero davvero notevole di itinerari che si sarebbero dovuti inserire, nel nostro caso abbiamo cercato di mantenere l’approccio originario (ovvero una cernita, per quanto ampia, delle possibilità alpinistiche) integrandolo con un numero maggiore di dettagli ed informazioni.
Già con la guida “Alpi Carniche Occidentali” si era deciso di rimettere in primo piano le montagne rispetto alle vie su esse tracciate. Da ciò l’inclusione delle vie normali nel senso di salita, ad esempio, nonché di numerosi itinerari che – seppur non relazionati o ripetuti in prima persona – ritenevamo giusto segnalare per dovere di completezza. Con questo volume ci siamo spinti ancora più avanti.
Oltre alle normali, infatti, vengono segnalati anche percorsi non strettamente alpinistici (quali ferrate di una certa importanza o itinerari a cavallo tra escursionismo impegnativo e alpinismo); ci è parso più corretto, sia per ampliare gli orizzonti degli alpinisti invitando ad una conoscenza non limitata alla mera scalata, sia al fine di facilitare la lettura e fruizione della guida stessa. A ciò si aggiunge la grande quantità di informazioni relative ad itinerari presenti su una certa parete o versante dei quali si è dato puntuale riferimento bibliografico.
Ecco come, allora, questo volume tenda a differenziarsi ulteriormente da quelli precedenti con il tentativo di avvicinarsi al concetto di monografia. Queste note, che potranno apparire dettagli, possono diventare valore aggiunto nel momento in cui da un lato orientano meglio lo scalatore dentro la parete, e dall’altro lo stimolano ad intraprendere un percorso di ricerca anche all’infuori di essa. Chi non ha passato giorni (se non anni) a sognare di scalare una via o una parete divorando tutte le informazioni in suo possesso, stimolando la fantasia e l’immaginazione, componente essenziale dell’alpinismo? Siamo infatti convinti che proprio nella fase di studio e ricerca inizi la vera conoscenza della montagna: in questo senso l’aggiunta di queste informazioni vuole essere un invito all’esplorazione, anche personale, senza che la scelta – per quanta ampia, sempre arbitraria – degli autori finisca per condizionare l’esperienza alpinistica.
Rimangono invece i tratti distintivi che per noi, come autori, rimangono imprescindibili. La raccolta delle informazioni è sempre avvenuta direttamente sul campo (con le nostre ripetizioni) o attraverso compagni di cordata, amici o semplici conoscenti che ci hanno fornito relazioni e suggerito correzioni, ma sempre basate sull’osservazione diretta e il più possibile recente. La cura dei disegni, delle foto e delle descrizioni tecniche che vanno a comporre un unicum e che come tale invitiamo a leggere. Infine la ricerca di una certa uniformità di giudizio, cercando di contemperare il rispetto della storia, l’evoluzione delle tecniche e la percezione dell’alpinista con equilibrio, ma senza risultare asettici. Non si può infatti ignorare che negli anni le valutazioni e la sensibilità degli alpinisti sia cambiata di pari passo con il progresso tecnico, dei materiali e delle maggiori conoscenze. Al tempo stesso però si è cercato di mantenere un criterio di omogeneità, in linea con la storia, ma anche con l’evoluzione.

Il lettore troverà tra queste pagine molte possibilità. Dalle normali alle vie a spit moderne. Dalle grandi classiche alle vie di scoperta. Itinerari esplorativi dove mettere in pratica intuito e capacità alpinistiche ed eccezionali scalate dove misurarsi con le alte difficoltà e una concezione moderna dell’arrampicata. Non è stata solo una scelta, ma la fotografia esatta di queste montagne estremamente varie, per troppo tempo marginalizzate, ma che oggi sanno proporre all’alpinista una straordinaria diversità di esperienze ed approcci. Non solo nella tipologia di itinerari, ma anche e soprattutto negli ambienti e nelle peculiarità paesaggistiche che fanno di questo angolo nordorientale delle Alpi una perla di rara bellezza, forse oggi quasi introvabile nell’arco alpino.

Siamo tornati su queste pareti, con un entusiasmo e una voglia di conoscere e condividere per certi versi ancora maggiore del passato. I buoni riscontri degli altri volumi ci hanno stimolato a migliorare ogni aspetto di questo lavoro. Speriamo di ripagare sul campo i nostri lettori.
Avremmo voluto fare ancor di più, ma questo compito rischiava di diventare diabolico. Le Giulie nascondono ancora terreni di esplorazione che riportano al passato e offrono straordinari stimoli anche gli alpinisti di oggi e domani. Il nostro non è altro che un invito. Speriamo di vedervi ripercorrere queste montagne con passione e divertimento, e con la curiosità che dovrebbe essere sempre nello zaino di ogni alpinista.

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Dolomiti Orientali 2

di Carlo Piovan

Sarò antico, ma il tempo che intercorre tra la l’ultimo salvataggio del file di lavoro e il momento di prendere in mano la nuova guida fresca di stampa, continua ad emozionarmi come un bambino il giorno di Natale. Nonostante il tempo passato a scriverla spesso sia scandito da frasi del tipo  “questa volta è l’ultima” ,  “ora basta mi son stufato” , ” mi ritiro” e da lunghe discussioni , talvolta a muso duro con gli altri autori; sapere di ripetere quel gesto genitoriale di prendere in mano una tua creazione, far scorrere velocemente le pagine tra le dita per far arrivare alle narici quel profumo di carta appena stampata, trasforma nuovamente i bruchi in farfalle nel mio stomaco.

Ma che gruppo comprendono le Dolomiti Orientali?

La domanda arriva da un amica, a risposta della mia notizia sulla prossima uscita della guida. Rispondo ironicamente che sono le montagne di Dolasilla ed Ey de Net e d’intorni, aggiungo, ben conscio della vasta area geografica che ricade sotto il nome di Dolomiti Orientali.

Tralasciando l’evoluzione storica di questa dizione, sotto la quale chi vorrà approfondire scoprirà confini piuttosto elastici, la guida descrive 123 itinerari scelti nei gruppi Civetta, Moiazza, Fanis, Cunturines Tofane, Nuvolau, Croda da Lago, Cristallo, Pelmo, Dolomiti Zoldane, Schiara, Antelao, Marmarole, Tre Cime e Dolomiti di Sesto. Di difficoltà, lunghezza e impegno, per tutti i palati, anche quelli più fini.

Inizialmente partita come una semplice ristampa del volume originario, il progetto editoriale si è poi evoluto man mano, come una riedizione completamente rivista e aggiornata con nuovi itinerari.

Rimettere mano ad un percorso già affrontato in passato ed quale si era idealmente attribuito la parola fine, a voluto dire rimettere in gioco scelte fatte in precedenza, misurarsi con una nuova maturità acquisita sia come frequentatori della verticale sia come compilatori di guide, in altre parole ammetter di avere fatto degli errori.

E dire che quando era uscita mi sembrava il non plus ultra delle guide alpinistiche, maledetta vana gloria, ora che sono le due di notte e sono davanti al computer a rileggere la relazione della via del Drago, mi chiedo come mi è venuto in mente di scrivere certe cose in stile tardo romantico, però ricordo ancora tutti i passaggi? meglio che giro la relazione a Marco che è andato a ripeterla lo scorso fine settimana!

In questo modo, tra feedback di preziosi collaboratori e nuove salite, nasce questa seconda edizione rivista e ampliata e completamente ridisegnata.

IV GRADO DOL OR

Mentre scrivo queste righe, le guide sono ancora impacchettate negli scatoloni in auto, il piacere dell’attesa continua…

Ringraziamenti fuori tempo, ovvero oltre l’ufficialità.

Denis Perilli, impaginatore dalla pazienza certosina;

Marco Romelli, la nuova “mano” degli schizzi;

Emiliano e Luca, pazienti compagni di avventura, chissà perchè tra autori non ci si ringrazia mai ufficialmente;

Roberto e Luisa che più o meno consciamente mi hanno stimolato a scrivere relazioni;

Gianluigi, Giorgio e Fabio loro sanno perché;

Simona che ha deliberatamente scelto di affiancarmi, in questa e altre avventure, nonostante i miei lamenti e sbalzi d’umore;

Ultimo ma non ultimo, come tradizione vuole:

Fox che indiscriminatamente dai miei risultati alpinistici ed editoriali, mi accoglie sempre a zampe aperte ogni volta che varco la soglia di casa. Una garanzia di affetto peloso!

 

Alpi Carniche Occidentali – serate di presentazione della nuova guida

di Saverio D’Eredità

Quest’anno la stagione pare metterci fretta! Non era nemmeno un mese fa che si ragionava di sci e discese in condizioni, ed eccoci proiettati già nel vivo della stagione alpinistica.
Per stuzzicare il vostro appetito “alpinistico” abbiamo pensato di…venirvi a trovare a casa!
Un piccolo “tour” di presentazione della guida, in cui io ed Emiliano Zorzi vi racconteremo il percorso che ha portato a questa nuova edizione della guida Alpi Carniche Occidentali.
Una guida nuova, come avremo modo di spiegarvi, e non una semplice ristampa, con nuove vie, aggiornamenti, correzioni e perfezionamenti necessari ad offrire agli alpinisti un prodotto di qualità.
Ma non vi anticipo troppo. Questo il riepilogo degli appuntamenti:
7 giugno ore 21 – Trieste presso la sede della Società Alpina delle Giulie
8 giugno ore 20.45 – Codroipo presso la sede della Sezione del CAI di Codroipo
22 giugno ore 20.45 – Tolmezzo presso la sede del CAI di Tolmezzo

Ringraziamo le sezioni CAI e gli amici che ci ospiteranno e che ci hanno dato l’occasione di condividere con tutti voi il nostro lavoro.
Vi aspettiamo!

p.s: e per farvi venire l’acquolina scaricate l’indice delle vie che trovate in allegato!

p.p.s: per chi avesse acquistato la precedente guida “Alpi Carniche e Giulie”, portatela con voi alla presentazione, ci sarà una sorpresa 🙂

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Una delle più belle pareti della conca sappadina: la Nord della Cima Dieci con i suoi itinerari – foto E.Zorzi

 

Indice vie

Alpi Carniche Occidentali

di Saverio D’Eredità ed Emiliano Zorzi

(dall’Introduzione alla guida “Alpi Carniche Occidentali”, Alpine Studio, 2018)

Il lavoro di compilazione di una guida alpinistica ricorda, talvolta, le fatiche di Sisifo, che sembrano non aver fine anche quando si crede di aver raggiunto la meta. Non tanto, e non solo, per la sempre opinabile scelta degli itinerari da inserire, la cui lista rischia di risultare sempre incompleta e di non accontentare tutti, quanto piuttosto per la necessità di verificare se e come l’impostazione data ad un lavoro come questo possa effettivamente rispondere non solo ai gusti, ma soprattutto alle esigenze dei lettori. Una guida di questo tipo, pur non avendo la pretesa di esaustività delle opere monografiche, cerca di dare una visione il più possibile ampia dei gruppi trattati ed allo stesso tempo deve anzitutto ad un criterio di utilità, cioè poter accompagnare il lettore nella scoperta e quindi nella scelta degli itinerari e dei luoghi.

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Diaspora

Di Carlo Piovan

Era una gioia appiccare il fuoco. Era una gioia speciale vedere le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di ottone del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene venefico sul mondo, il sangue gli martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non si sa quale direttore d’orchestra che suonasse tutte le sinfonie fiammeggianti, incendiarie, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia (Ray Bradbury Fahrenheit 451)

«Stiamo perdendo un mare di informazioni oramai è un processo ineludibile».

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La nuova collana Doppio Mike

di Massimo Esposito

GUIDE ALPINISTICHE PER BERGVAGABUNDEN

Doppio Mike è preso a prestito dall’alfabeto fonetico internazionale. Sta a indicare una doppia EMME. Le nostre iniziali. Un progetto di vita comune. Trasformare due passioni, quella per lo scalare le montagne, soprattutto quelle poco conosciute, almeno sconosciute per noi, e quella per il condividere le informazioni. L’idea è quella di fornire guide alpinistiche e di arrampicata snelle, con informazioni essenziali e precise a costi contenuti. Adatte a chi vuole andar a fare una vacanza breve e non vuole o non può procurarsi tutta la bibliografia necessaria e studiarla. Il mezzo scelto è un mezzo che guarda al futuro. Veloce ed economico. Aggiornabile e facilmente trasportabile e consultabile. Il formato digitale. Su questo formato si possono compilare guide che col formato cartaceo non uscirebbero mai, per costi e praticità. Si possono raggiungere molte persone. E poi sono facilmente traducibili in altre lingue.

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In tempo

di Carlo Piovan, Emiliano Zorzi, Saverio D’Eredità

Alla fine è rimasta lei in copertina, la Sfinge! alta ed enigmatica con il suo occhio protetto dall’evidente tetto, in posizione baricentrica tra Carnia e Giulia.

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Nelle ultime ore prima di andare a dormire, l’attività su whats app era stata piuttosto frenetica nel decidere l’immagine di copertina, poi la decisione e l’indomani l’annuncio ufficiale di Andrea (Gaddi, edizioni Alpinestudio)

Ci siamo. Una nuova era. Una volta fu Guida dei Monti d’Italia. Oggi si passa a Il grande alpinismo sui monti d’Italia. Una collana edita in co-edizione CAi alpine studio. Un volume all’anno per i prossimi 15 anni. Questo è il primo!

La sensazione è la stessa di finire una via lunga e impegnativa in cui sono passati in pochi e che “pochi”: Ettore Castiglioni, Attilio De Rovere, Mario Di Gallo, Gino Buscaini.

I tempi cambiano e lo stile e le scelte devono misurarsi con un modello di accesso alle informazioni che nel ventunesimo secolo diventa immediato e globale soppiantando la storica divulgazione enciclopedica; pertanto anche il tempo messo a disposizione degli autori non è più lo stesso del secolo scorso ed il processo d’invecchiamento delle informazioni al mondo odierno viaggia a bordo di uno space shuttle.

Una salita impegnativa e ricca di incognite, dove abbiamo sbagliato strada, abbiamo litigato tra di noi, abbiamo preso il temporale in parete, ci si è sgretolato in mano qualche appiglio e dove abbiamo anche rischiato di dover pensare  a rinunciare perchè non riuscivamo a passare. Ma come nelle storie più belle, quando il tempo era solo per l’azione, quando l’idea di bivaccare nuovamente in parete spaventava, abbiamo fatto quello che ci viene meglio: il gioco di squadra.

Un lavoro di più squadre, una di punta: Emiliano, Saverio, Carlo e una di supporto, composta da tantissime persone che ci hanno aiutato e che troverete citate puntualmente nella guida.

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Gli autori da sinistra: Carlo, Saverio, Emiliano

Grazie all’esperienza accumulata nei lavori editoriali precedenti, ad un pizzico di incoscienza ed al lavoro di squadra eseguito magistralmente, siamo riusciti ad arrivare in cima in “tempo”.

Riflessione durante la discesa

Accettando questo lavoro, ci siamo trovati incosapevolmente ad essere gli apripista per una nuova importante collana, che a differenza dalle precedenti gloriose monografie della Monti d’Italia è una selezione di vie e giocoforza ha comportato l’onere della selezione. L’aiuto su quale criterio adottare è arrivato dalle peculiarità di queste montagne, che coprono l’estremo est della catena alpina italiana e dalla loro affascinante diversità; dove convivono gli ambienti bucolici e solari delle Carniche con le più severe e verticali pareti delle Giulie, le brevi scalate su splendido calcare a rigole e le lunghe ascensioni di mille metri rivolte a nord. Il criterio di scelta è venuto da se, ovvero comprendere tutte le varie tipologie di itinerari presenti procedendo con ordine geografico, dalle vere e proprie pietre miliari dell’alpinismo alle belle classiche di media difficoltà,  dalle impegnative vie moderne attrezzate a fix, alle grandi ascensioni squisitamente alpinisitche, dai percorsi rilassanti e piacevoli, agli itinerari dimenticati, cercando di toccare ogni gruppo montuoso.

Un volume che vuole essere un invito alla scoperta di questi luoghi, dove ognuno, leggendo (pratica ormai in disuso!) fra le righe della guida e le pieghe della montagna, possa trovare il terreno più adatto e non un semplice passare distratto fra una via e l’altra.

Buona scoperta o riscoperta, di queste terre di confine.