GAIA – terza parte

di Carlo Piovan

Due anni ed un mese dopo.

Nuovamente con Marco sulla parete Nord della Creta dei Gam, una scena già vista, solo che questa volta a far da contorno alla solita raschiante marmitta dell’auto del mio compagno, c’è il silenzio di un autunno che non è tardato ad arrivare. Niente schiamazzi di corsisti eccitati, niente urla di istruttori impettiti, e niente

Gaia. Il rito si ripete, abbraccio di ben ritrovati, caffè e via. Scaccio i pensieri dalla mente, ora ci si deve concentrare. I primi cento metri sono un placca verticale con buoni appigli su roccia molto solida, nonostante il freddo e le mani intirizzite, saliamo velocemente. Un’altra filata di corda su terreno facile ed arrivo in po’ ansimante per il ritmo sostenuto sotto il diedro, trovo due chiodi di sosta che collego, recupero la corda ed urlo al mio compagno di partire, in breve Marco mi raggiunge. La scelta di questa via era nata lentamente, nel tempo. Poche righe estrapolate da una guida “grigia” oramai datata, tanti se e tanti ma. Poi una foto con un tracciato ben segnato recuperato da una guida alpina austriaca e ancora del tempo a far decantare le idee. Riparte Marco sulla prima parte di una successione di diedri, pochi chiodi, roccia solida e tanta verticalità, ancora io e di nuovo lui come in una staffetta senza tregua. Le mani si incastrano i piedi spingono, si spalmano sul liscio calcare o si incastrano a loro volta. È incredibile come in certe giornate il tuo corpo ed i tuoi muscoli vadano più veloci della tua mente. Leggi il passaggio, percepisci difficoltà e pericoli ma le tue mani sono già oltre ad afferrare nuovamente buoni appigli. Il mio compagno segue veloce e riparte superando la sosta verso quei raggi di sole che si insinuano nelle crepe della cresta finale. Ancora una cinquantina di metri e raggiungo anche io la cresta godendo di quel tepore dei raggi solari, che per molte ore la parete ci aveva privato. L’entusiasmo in cima esplode. Ci sleghiamo e percorro quei pochi metri che ci separano dalla cima, dove un ometto di sassi custodisce, geloso, il libro di vetta. Prima di ripetere anche io la rituale scrittura, sfoglio a ritroso il quadernetto per ritrovare le nostre firme di due anni fa, delegate a Marco nell’occasione, ma dopo aver sfogliato a ritroso poche pagine, la mia attenzione viene catturata da una calligrafia piccola ed ordinata, ed è un tuffo al cuore. [Continua…]

prima parte ; seconda parte ;

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