di Saverio D’Eredità
“Non è fame…è più voglia di qualcosa di buono” . Forse ricorderete questa celebre battuta di uno spot degli anni ’90 e del resto gli esperti di pubblicità sanno che tasto toccare. Ovvero quello della perenne indecisione sul concedersi o meno un piacere. Devo dire che il popolo di arrampicatori – antropologicamente mai sazio di piacere come giusto che sia per un’attività di per sé edonistica – spesso vive in questa costante indecisione. Non tutti, sia chiaro. Ma noi, alpinisti della domenica (o del sabato, a seconda), spesso ci avvitiamo tra la tentazione dell’ennesima grande impresa (nella nostra testa) o la voglia di rilassarsi un momento, rinunciare alla (peraltro rinunciabilissima) lotta coll’alpe e godersi una normale giornata di scalata alla ricerca, appunto del piacere.
C’è da dire che qui, all’angolino in alto a destra delle Alpi non sempre questa scelta è facile. Le Giulie, a parte qualche rara eccezione, non offrono molte alternative per chi vuole scalare su gradi modesti, senza sobbarcarsi ore di avvicinamento (impervio) e possibilmente senza troppe preoccupazioni, quindi in ottica sportiva. Fatta eccezione per l’area del Bila Pec (comunque riservata a scalatori che gestiscano bene i gradi oltre il 6) rimane ben poco. Così tocca emigrare verso le comodità dolomitiche, sostituendo alle ore di scarpinata quelle di auto. Solo che appunto qualche volta si vorrebbe anche solo “qualcosa di buono” senza troppa fatica (viziati!). Ecco quindi che quando Emiliano, in cooperativa con gli attivissimi membri del GAM Monfalcone, insieme a Mauro Florit, Umberto Iavazzo e Gianluca Barnabà, mi ha parlato della nuova via sulla Torre Genziana si è subito presentata l’occasione per coniugare la voglia di una piacevole scalata con quella dell’ambiente delle Giulie.

La via infatti presenta alcuni non trascurabili vantaggi: quello di trovarsi ad una distanza “giusta” dal fondovalle (ovvero entro quel sottile discrimine che separa una giornata da una…giornatona, cosa facile da queste parti), i ben 400 metri di roccia sorprendentemente solida e appigliata da scalare in scioltezza e gli originali scorci offerti da questa torre minore, a sua volta addossata ad un contrafforte secondario del “padre” Montasio. Non una parete “rilevante” alpinisticamente, ma senza dubbio una bella parete!
Prima di lasciarvi alla relazione (che trovate qui: http://quartogrado.com/friuli/Montasio/Torre%20Genziana_La%20decima%20alba.htm), giusto un paio di note sulla via (ripetuta proprio in una di quelle giornate in cui indecisi se fare gli eroi o dedicarci ai piaceri dell’arrampicata ci siamo dedicati a quest’ultima – non una scelta difficile…): l’avvicinamento da Malga Saisera e per il sentiero che conduce al Bivacco Mazzeni prima e verso lo Stuparich poi è agevole, fin quando non si abbandona la traccia per mirare alla base della Torre. Con una mezz’oretta giusto più faticosa per ghiaione e tracce si approccia lo zoccolo, ben ripulito e agevolato con alcune fisse (passaggi esposti su ghiaia infida) e si arriva all’attacco. La linea, già visibile da Malga Saisera, segue prima placche non ben definite sopra il colatoio che divide la Torre dal corpo principale di Cresta Berdo. Quindi cerca e trova un marcato spigolo che segue lungamente fin dove roccia consente. La salita si svolge nella prima parte su roccia solida ma un po’slavata, comunque bella da arrampicare grazie a provvidenziali lame. Oltre una cengia si prosegue nei pressi dello spigolo su roccia appigliatissima e divertente per 4 tiri che conducono su una spalla. Qui gli apritori hanno deciso di concedersi altri tiri appena a destra dello spigolo che, sebbene più discontinui, completano bene la via, in un’atmosfera “alpinistica” affacciati sulla strapiombante parete nord della Torre e con vista sempre più ampia e sorprendente sul lato selvaggio della Spragna. Lo spittaggio ravvicinato permette una scalata senza pensieri e adatta anche a chi è alle prime armi. Resta comunque l’impegno di una salita piuttosto lunga e con una discesa da effettuarsi tutta a doppie, motivo per il quale bisogna approcciare la salita con una minima preparazione.

Infine, due note sulla Torre Genziana – non veniamo mica solo per scalare! Si tratta di un bel pilastro con una caratteristica cima a mo’di berretto frigio, addossato al potente profilo di Cresta Berdo, ma separato da questo da un marcato canalone. Una cima, come tante delle torrette affacciate in Spragna che quasi scompaiono all’ombra delle grandi pareti del Montasio, scalata davvero raramente: primi salitori furono E. e H.Poech con M.Maurer il 2/9/1913, per i ripidi prati del versante sud, seguiti da G.Mayer e O.Mareck il 20/9/1916 lungo lo spigolo S/E. Il silenzio è poi calato per parecchi anni, fino a quando due esploratori di pareti dimenticate come Marino Babudri e Ariella Sain vi hanno messo occhi e mani: nel 1995 e nel 2000 aprono rispettivamente “Campanula Blu” e “via del Gatto” sulla bella parete N/O quella più visibile ed attraente. Entrambi itinerari impegnativi (vedere it. n.155 e 156 della guida A.Giulie e Carniche or.li), ma su roccia ottima a parere dei primi salitori. “La Decima Alba” (a proposito, il nome dà l’idea delle giornate di esplorazione, verifica ed attrezzatura investite dai monfalconesi…) corre invece sullo spigolo a sx di queste, in una porzione meno appariscente ma che ha regalato in ogni caso roccia di buona qualità. Un motivo in più per venire a trovare questa torre minore, che deve il suo nome come sempre a Kugy che la associò alla “Cianerza”(in sloveno, appunto, genziana), la selvaggia conca prativa raccolta tra questa cima, la Cresta Berdo e le pareti del Modeon del Montasio.

