di Saverio D’Eredità
Prologo
Una lunga cresta nevosa si spinge in avanti, a definire lo spazio tra terra e cielo. I passi che precedono il momento solenne, percepire l’appagamento nel penultimo passo quello che ancora nasconde il mistero ultimo della salita ed è per questo il più prezioso.
Ma la vetta, questa vetta che ricorre nei miei sogni, d’improvviso si appiattisce e scompare.
Si trasforma. Diventa un banale terrazzino con ringhiera. Oltre non c’è il vuoto delle pareti. No, si apre una distesa di asfalto e cemento. Sembra un parcheggio. Più in là vedo che la mia cresta sottile diventa la passeggiata di un vialetto alberato in un parco cittadino. Smarrimento. Delusione. Mi sveglio.
Questo sogno ricorrente mi tormenta. Mi fa visita in notti inaspettate. Non mi spaventa, come gli incubi, semmai ha un effetto peggiore. Insinua dubbi. Mina le fondamenta delle mie aspirazioni. In breve, mi fa vivere un po’peggio, o un po’più malamente il resto della giornata.
Ed è questa la vetta che così spesso raggiungo nei sogni, questa vetta che per anni ho cercato di sovrapporre a cento altre, senza mai trovarla. Continua a leggere