Quel giorno indimenticabile sulla “sud” dell’Averau

Di Alessandro Palma ( gruppo rocciatori Gransi C.A.I. Venezia)

Guardando la parete sud ovest dell’Averau dal rifugio Fedare in una giornata estiva, si noterà fin da subito che l’attenzione degli alpinisti è focalizzata esclusivamente sulla parte destra della parete. In effetti qui salgono tre itinerari; la difficile fessura Lacedelli (E. Lacedelli e Verzi, M. Astaldi estate 1942), la via salita dai Cortinesi Illing, Alverà, Pompanin  Apollonio il 29 giugno 1945 la Toto e Paola salita in solitaria da Marco Berti nel 1987.

Di sicuro la classica via di Illing e compagni è la più ripetuta per la sua linea elegante che sale s tra gialli strapiombi in vetta. Noi avevamo adocchiato una serie di fessure che percorreva il lato sinistro della parete ed eravamo intenzionati a tentare una via nuova. Ci lasciava perplessi la parte alta del percorso che a prima vista sembrava difficile e problematico, ma si sa che questo è il pepe dell’alpinismo, per cui quella mattina partimmo per questa avventura con tutta la curiosità e la voglia di riuscire nella salita. Attaccammo subito una serie di fessure non difficili, la roccia ottima rendeva l’arrampicata un puro divertimento. In breve arrivammo sotto un tratto giallo e verticale; – ora cominciava il bello – pensiamo. Con determinazione superammo anche questo passaggio e continuammo veloci verso la parte alta della via dove si concentravano i nostri dubbi maggiori. La giornata era splendida, il panorama intorno a noi spaziava fino al Sella ed alla Marmolada, sotto di noi pochi turisti-alpinisti transitavano sul sentiero che porta alla forcella d’Averau. Era arrivato il momento della verità’. Nino partì deciso saliva lentamente ogni tanto piantava un chiodo, noi sul terrazzino lo osservavamo speranzosi e con un po’ di apprensione, visto il tratto di parete che ci aspettava; poi il grido liberatorio “arrivato”. Toccava a Carla che salì agevolmente gustandosi a pieno questo bel tiro di corda. Poi salii io seguito da Piercarlo eravamo allenati e passammo veloci. Gli ultimi i trenta metri ci regalarono una bellissima arrampicata su piccoli strapiombi in massima esposizione. Eravamo tutti e quattro in vetta, un abbraccio una stretta di mano e nel cuore la sensazione di avere aperto una bella via destinata ad essere ripetuta. In effetti il giorno dopo mio fratello con il carissimo Ettore fecero la prima ripetizione confermando in pieno la nostra valutazione dell’itinerario e il giudizio sulla bellezza della via. Era l’estate del 1973 la salita fu pubblicata su “Alpi venete” ma il destino volle che venne dimenticata. Spero con questo mio scritto di ricreare interesse nel grande pubblico degli alpinisti odierni così da rendere giustizia a questa simpatica via che sale la solare e placida parete sud ovest dell’Averau.

 

Averau 2648m Parete sud -Nino Portolan, Piercarlo Freschi. Alessandro Palma e Carla Trevisan. Sviluppo: 220m. Diff.: IV V un passaggio di V+, 3 chiodi lasciati.

 

Attacco: Da forcella Averau si percorre il sentiero verso destra portandosi sotto la parete in prossimità di una cengia che si alza sopra il sentiero (due ometti con e cordone all’inizio). Percorrerla per venti metri fin sotto un sistema di fessure, poco a sinistra della recente palestra dedicata a Renè de Pol (targa).

Salita: Si arrampica verso sinistra una buona cordata per rocce grigie e fessure fino che la parete si raddrizza. Chiodo di sosta 50 m. III -IV. Si affronta l’evidente fessura giallo nera strapiombante con un passaggio di entrata ostico V+, 1 chiodo sopra il passaggio. Si continua per la fessura nera finché si esce in parete a destra fino ad un buon terrazzo, dove si sosta, 50 m. V+, V, IV un chiodo nero. Ora si continua più facilmente in verticale mirando al testone giallo sulla verticale della line di salita. 60 m III – IV sosta su un grosso spuntone sotto un diedro fessura giallo che dà la direttiva. Si sale il diedro V-, si continua in verticale su roccia gialla un po’ a destra e poi si torna a sinistra superando il passo chiave, 1 chiodo, fino alla sosta. 50 m V e V+ sostenuto. Con un’altra lunghezza di corda in verticale, superando una serie di strapiombi, si esce in vetta IV+ , V.

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