Contaminazioni carniche

di Saverio D’Eredità e Carlo Piovan

L’accensione del quadro elettrico dell’auto mi ricorda che oggi è un giorno un po’diverso dagli altri. Lo so benissimo – chi non si ricorda almeno del proprio compleanno? – ma la cosa mi lascia più che stupito, divertito. Non è poi tanto usuale decidere di svegliarsi alle 5 per andare ad arrampicare, il giorno del proprio compleanno. Potrebbe essere una giornata di relax, chiamate, messaggi, giri da offrire e qualche regalo inatteso. Invece oggi ho la strana, inebriante sensazione di essermi svegliato prima di me stesso, tentando ingenuamente di annullare il Tempo per consegnarmi ad un altro tempo, fatto di tiri di corda, di passaggi, movimenti. Si può ingannare il Tempo?

C’abbiamo messo una settimana con Carlo a decidere come festeggiare questa mia giornata e il suo ritorno alle rocce friulane. Frenetici scambi di mail, un occhio al meteo e una alle relazioni per trovare la “salita perfetta”, facendo girare in shuffle la nostra playlist di sogni irrealizzati. Fossero questi poi, i problemi del mondo. Perché come spesso accade, per quanto ci giri attorno, la risposta la sapevamo già. Eccoci quindi di nuovo qui, nell’angolo nascosto del Winkel che in tedesco vuol dire proprio angolo, e in effetti addentrarmi in questo luogo mi ha sempre trasmesso una sensazione di riservatezza, come quella del giardino segreto di un’antica e misteriosa villa. Le abetaie che cedono ai larici e questi a prati che si mescolano a macigni giganteschi scesi in epoche fantastiche dalle pareti, tozze eppure armoniose mura a difesa di questa conca appartata ma al tempo stesso luminosa, visibile. Si sa, del resto, che i misteri più grandi in realtà sono quelli più evidenti. Così questo luogo è rimasto defilato per secoli, ed alpinisticamente rivalutato solo quando le mani e gli scarponi di un ragazzo di Pontebba non ne spalancarono le porte.

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La parete nord est della Quota 2269 – foto S.D’Eredità

Al vallone del Winkel associo sempre un ricordo di bellezza e di gioia, avete presente quella spiazzante sensazione che alle volte ci prende di fronte ad un paesaggio inaspettato, ad una piazza monumentale, ad un quadro o davanti ad una bellezza femminile che non pensavamo esistesse. Forme armoniche, dettagli inusuali, atmosfera coinvolgente, luce mai vista, profumi che rimandano a ricordi ancestrali.

Stamattina sceso dall’auto cerco disperatamente tutto questo, ma non lo trovo, e non trovo nemmeno i miei calzini che ho lasciato nella mia auto a Tolmezzo. Guardo Saverio e gli comunico che oggi testerò il comfort delle scarpe approach di una nota “selvaggia” marca di scarpe e scarpette, inserendo direttamente il mio piede in tutta la sua nudità. In valle dell’Orco il caschetto, qui i calzini, meno male che le cose fondamentali per scalare riesco ancora a ricordarle.

Prendiamo gli zaini e andiamo, c’è un’atmosfera strana, non c’è niente di quello che mi aspettavo di trovare. Arriviamo all’attacco, mentre risalgo le ghiaie mi guardo e riguardo dove son salito anni fa con Marco, lungo la linea a sinistra rispetto ad oggi, poi è quasi scontato guardare a Est sulla magica linea di”gocce[1]”e sentir ancora quella sensazione di gonfiore alle braccia dopo i diedri finali. Ripongo lo sguardo sulla linea di oggi, a parte il primo tiro che sale un regolare diedro, il dopo mi pare tutto confuso in mezzo a lisce placche ed esili fessure.

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Saverio D’Eredità sul primo tiro della “via dei Finanzieri” – foto C.Piovan

Osserviamo la parete di sfuggita, tra chiacchiere troppo a lungo rimandate e girandole di sogni. Le lisce placche del Cavallo non sembrano dare indizi, eppure Lomasti è riuscito a trovare il filo conduttore tra queste rocce che sorprendono ogni volta per le loro forme monocrome eppure incredibilmente varie, come di onde increspate in verticale. Quando si scala qui, arrampicare non è mai un puro gesto muscolare o tecnico. È essere assorbiti dall’ambiente, percepire esperienze sinestetiche fatte di profumi, colori, suoni. Sarà per questo strano ibrido tra rocce ed erba, terra e formiche, che forse non riserva la regalità delle Giulie o la rudezza carnica. È un mondo di mezzo, in cui arrampicare sembra davvero quel gioco meraviglioso che troppo spesso ho dimenticato, preso dalla necessità di sopravvivere o neutralizzare le paure. Il verde di quell’altipiano sommitale che si avvicina senza arrivare mai, quando agli ultimi tiri ti guardi attorno e perdi il senso dell’altezza, quasi, ad un passo dal margine del muro che cinge e sorveglia il giardino nascosto.

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Carlo Piovan sulla splendida roccia del sesto tiro – foto S.D’Eredità

Saverio si offre di partire, sale sicuro un bel diedro verticale lo strapiombetto successivo e ancora per placche e fessure alla sosta. Parto io e mi pare duro questo tiro di quinto grado ed inizio a preoccuparmi un po’ per quello che ci aspetta dopo. I fantasmi partono…

Sto scalando troppo, mi sento stressato, troppe idee, troppi progetti di vie dure e tutto che sembra dover incastrarsi in una sequenza perfetta in crescendo per arrivare a salir quale mirabolante via non ben definita. Non si può viver così mi ripeto, devo darmi una regolata, uno stop. Intanto arrivo in sosta. Riparto, cauto e un po’ lento, proteggo spesso mi sento un po’ naufrago in questo mare di placche in cui so bene che sbagliare percorso o sequenza può causare più di qualche grattacapo. Un chiodo a metà giusto per dire che non siamo fuori via e poi su dritto fino in sosta, cercando di fiutare metro su metro i passaggi migliori. Saverio prosegue per due lunghezze poi raddoppio anche io, via via che salgo ritrovo fluidità e fiducia, riscopro quel profumo di chissà quali erbe che ritrovo solo in Carniche e già mi par di essere a casa, nonostante le mie radici affondino nell’acqua salmastra della laguna.

Attacco per un primo diedro da subito verticale. Dimentico il compleanno e le ricorrenze facendomi risucchiare dal contatto con la pietra come i friend che entrano quasi senza sforzi. Che strano. Non sento la consueta ansia da salita, tutto procede fluido: certo, se avessi aggiunto qualche dado piccolo all’attrezzatura non avrei litigato con delle microfessurette perdendo tempo ed energie, ma tutto sommato oggi gli inconvenienti mi scorrono addosso. Persino le fastidiose erbe che occupano le fessure nei primi tiri costringendoci ad una delicata arrampicata arborea non turbano il provvisorio equilibrio. Non ho voglia di litigare con l’alpe oggi, ma di seguire questa linea tra le pieghe della parete, come una punteggiatura nascosta fatte di placche, fessure, traversi. Con Carlo bastano poche parole. La via si srotola sotto di noi e il tempo perde man mano importanza.

Avanti così, fino a che un lungo traverso mi porta sotto il tiro chiave. Il tempo di recuperare Saverio dal tiro sottostante, mi permette di studiare con calma i passi e la sequenza. Non sarà facile passarlo, dovrò metter dentro veramente tutto quello che in tanti anni ho imparato ravanando per crode, ma ogni passo è misurato e mai azzardato, non scalo al limite ed in confusione, mi sento controllato fino a che non arrivo a quella nicchia con l’erbetta che pare un isola di salvezza in mezzo al grigio della roccia. Attrezzo la sosta e mentre recupero Saverio, che avrà il suo bel da fare, casualmente mi giro verso la Torre Winkel ed il suo affilato spigolo; ripenso ad Ernesto (Lomasti) ed al salto che aveva fatto ancora giovanissimo in pochi anni da salite come la Pesamosca a questa via, passando per la Mirta e altre ascensioni. Grandissimo.

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Sul tiro chiave della via dei Finanzieri – foto C.Piovan

La parte centrale della via è davvero molto bella, un susseguirsi di placche fessurate, diedri squadrati come fossero stati tagliati ieri da un’ascia gigantesca. La roccia, compattissima, lascia poco spazio ai chiodi. Tranne uno, che Carlo sapientemente pianta nel mezzo del passo chiave. Dal suono sembra abbia trovato il suo posto nel mondo e penso lo lasceremo qui.

Saverio riparte per l’ultimo tiro tutt’altro che bonario, che risolverà egregiamente, segue poi un tiro facile che conduce alla cengia d’uscita.

Cedono infine le rocce, rompendosi si aprono a più ampie fessure dove spuntano cuscinetti erbosi tenerissimi, puntellati di fiori, di odori, moscerini. L’orizzontale si sostituisce al verticale. Ci sembra quasi uno scherzo, appoggiare le mani sull’erba dell’altipiano, circondati dai fiori di questo giardino sospeso.

Manovre di rito, ed una stretta di mano speciale al mio compagno che ha deciso di festeggiare il suo compleanno in questo modo, sicuramente originale. Proseguiamo fino alla cima, dove inizio già dai primi passi sulla sua cresta erbosa fiorita, a ritrovare quella bellezza di cui vi parlavo all’inizio. Inizia poi la discesa, ad un certo punto stacco Saverio per ricercare un po’ di solitudine in questa conca magnifica, con la salita di oggi so di aver chiuso una mia personalissima trilogia su questa montagna ed inevitabilmente mi prende un po’ di malinconia, perché sognare una salita è forse più bello di farla, perché le vie che sto ripetendo in questo periodo sono state aperte da personaggi conosciuti attraverso i loro scritti prima e sulle loro vie poi, prima Giampiero Motti poi Ernesto Lomasti. Persone con una marcia in più che hanno avuto la fortuna di guardare avanti rispetto ai loro coetanei, ma anche la grandissima sfortuna di andarsene troppo presto con troppa bellezza negli occhi. Chissà se vorrà dire qualche cosa…

Saverio mi raggiunge per aiutarmi a trovare il sasso sotto il quale avevamo nascosto lo zaino. Ritorniamo assieme verso la baita, con la luce del pomeriggio finalmente mi ricordo perché me ne torno da questo luogo con un immensa gioia dentro. Il Winkel non va visto di mattina, bisogna entrare nei sui fianchi nel tardo pomeriggio per capirlo. Il perché non ve lo spiego, a meno che non vi chiamate Gaia, per cui andateci! Grazie a Saverio che involontariamente pur essendo il suo compleanno, il regalo l’ha fatto a me scegliendo di salire questa via assieme.

No, non si può ingannare il tempo, ma forse il tempo non importa…

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Carlo Piovan all’uscita della via -foto S.D’Eredità

[1] Gocce di Tempo alla parete NE del Cavallo, Di Gallo – Missoni 7/07/1984

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